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Raid Africa 2007: Cape Town - EICMA Milano

"Sbarcati a Citta' del Capo alle 6 del mattino di lunedì 10 settembre, Ashard il ragazzo che deve venire a prenderci non c'è. Cambiamo i soldi e poi aspettiamo. Verso le 7 si avvicina un ragazzo: e' lui, ha lineamenti arabi (anche se lui negherà quando gli domando se le sue origini sono queste). Più tardi in albergo Ashard ringrazierà qualcuno in arabo al telefono: non potrà dirmi che queste non sono le sue origini.
Andiamo a Citta' del Capo, ma prima passiamo nel suo ufficio. Accompagnati da un responsabile doganale ci rechiamo al deposito, le casse sono lì, le apriamo e iniziamo a rimontare le moto. Alle 1.30 siamo fuori dal deposito: mai sdoganato così velocemente! Ci rechiamo in albergo, con Ashard ci vedremo più tardi per saldare i conti.
Sul lungo mare cerchiamo di mangiare qualcosa…. dopo tre voli e un giorno di viaggio ci sembra il minimo….Si avvicina un tizio sulla sessantina, parlando un italiano misto al tedesco: ci dice di avere le nostre origini, che si trova in disgrazia e se possiamo dargli qualche Rand. Io li dico che abbiamo pezzi grandi "non c'e' problema vi do il resto"- dice il tizio - e noi non lo mandiamo a quel paese per il solo rispetto.
Passiamo il pomeriggio a controllare le moto, poi chiamo Ciro Migliore, direttore della Gazzetta del sud Africa, per fissare un appuntamento per l'indomani, per incornarci con Sua Eccellenza il Console Emanuela Curnis. La cena è alla messicana, e tra una parola e l'altra facciamo due conti e ci accorgiamo che Ashard si e' sbagliato a farli, anzi ci ha dato più resto di quello che ci doveva. Passano 10 minuti e Giorgio chiama al cellulare Ashard "lo sappiamo ti sei sbagliato, ti dobbiamo del denaro - gli diciamo" ed i grazie non finiscono.
Martedì 11 settembre si parte verso Cape Hope, ma prima devo salutare sulla strada Luciana e Katia dei miei parenti che vivono in Sud Africa. Oltre alla visita scontata devo ringraziarle per avermi aiutato venerdì scorso a rintracciare Ashard senza il quale avremmo penato…. e pensare che dall'Italia non mi avevano dato le dritte per rintracciarlo!
Lasciamo Camp Bay dove vivono i miei parenti e arriviamo a sud verso Capo di Buona Speranza, con il tempo che è minaccioso, ma non pioverà. Lo spazio davanti al segnale di Cape Hope e' gettonatissimo, ma cogliamo l'attimo fuggente e infiliamo le moto per la foto di rito. Poi di corsa (si fa per dire) a Citta' del Capo: tutto sommato siamo ambasciatori del comune di Spello e abbiamo un appuntamento.
Il direttore Ciro Migliore arriva puntuale, facciamo un giro per la città e poi in Consolato. L'accoglienza è calorosa, si scambiano quattro parole e poi Giorgio prende la parola e spiega il motivo di questa iniziativa, consegna il materiale con la foto di rito, togliamo il disturbo con il Console che ci accompagna di persona alla porta d'ingresso sull'esterno… un gesto che apprezziamo. Torniamo in albergo con Ciro Migliore che ci ragguaglia con alcuni suggerimenti per continuare il viaggio. Più tardi arriva Ashard e non possiamo rifiutare l'invito a cena a casa sua, dove aggiustiamo i conti ( cosa che apprezza)…. di sicuro abbiamo un amico in più. Piove, meglio oggi che domani. A casa di Ashard tutto è in perfetto stile arabo, con la foto della Mecca che risalta sulla parete del salotto, e gli chiedo se da buon mussulmano e' stato una volta lì: mi risponde di "si". La cena e' tipicamente araba: per Giorgio e' una novità e all'inizio è un po' perplesso, ma poi apprezzera' con gusto tutto quello che ci sarà servito. Poi arrivano amici e parenti ed in un attimo conosciamo una ventina di persone, con le donne in una stanza e gli uomini in un altra. Salutiamo. Domani si fa sul serio…..
Si parte finalmente. Lasciamo Citta' del Capo in punta di piedi, anche perchè guidare a sinistra e' una questione mentale e non dobbiamo abituarci. Ad una stazione di benzina incontriamo lui & lei, due biker's in Harley: quando diciamo del viaggio, lei domanda se il bagaglio e' tutto lì…..detto da una donna e' comprensibile!!!! La sera giungiamo a Springbok a 100 km dal confine con la Namibia. Il motel e' lungo la strada, e va tutto ok, ma la cena quanto ci fa attendere!!!! Ordiniamo alle 20 e il piatto arriva quasi 2 ore dopo….
All'indomani via verso la frontiera, le superiamo velocemente anche perchè il Carnet vale in tre Stati senza vidimarlo ad ogni frontiera. Lunghi rettilinei ci accompagnano verso nord, il contachilometri segna 780 km percorsi. Sostiamo all'unico hotel del paese che porta il proprio nome Maltahohe, che e' gestito da tedeschi. In effetti dentro sembra di essere in Germania, ci sono tedeschi discendenti dei coloni che all'inizio dell'ottocento esplorarono queste terre, strumenti che ricordano quell'epopea, si ascolta musica tedesca e si beve birra. Pure il cane e' Snauser… insomma dentro sembra di essere in Germania e fuori c'e' l'Africa. 
Di buon mattino puntiamo verso Sossuslevi e lemitiche dune rosse, dove la duna 45 e' famosa in tutto il mondo. Da ora in avanti sara' solo fuoristrada, siamo carichi ma andiamo via magnificamente.Giungiamo a Sorieme facciamo benziana e dopo 60 km ai nostri occhi le dune rosse, alla 45 sostiamo per la foto di rito, si riparte verso Solitaire. Per Giorgio e' un paese e invece c'e una pompa di benziana uno Store, un campeggio e una guest house. Noi optiamo per la guest house, siamo ricoperti di polvere fino alle orecchie, c'e' pure la piscina, in mezzo al deserto sembra un eresia.
Sempre in fuoristrada ci dirigiamo verso Swakopmund….sempre fuoristrada e sempre tanta polvere. Quando giungiamo sulle rive dell'Oceano atlantico ritroviamo l'asfalto solo per 30 km poi di nuovo fuoristrada, ma la pista e' di sale: è quella che praticamente costeggia tutta la Selekton Cost, la costa degli scheletri, così ribattezzata per tutti i relitti incagliati e gli scheletri umani ritrovati lungo la costa. Il sole e' oscurato dalla nebbia dell'oceano, giungiamo a Cape Cross, dove si dice siano di casa 100.000 ontarie. Al box office per il ritiro del biglietto ci ritroviamo con un gruppo di spagnoli con i quali ci inseguiamo da 2 giorni: il loro camion pullman mi ricorda quello di Bud Spencer nel film " Io sto con gli ippopotami". Esco dal box e c'e' Giorgio che colloquia con gli spagnoli. Ad una signora gli chiede di dove sia - di Barcellona - risponde - ed in cerca di gloria esclama di aver fatto la foto in Plaza De Toro nel gennaio scorso. Un'altra esclama "come a gennaio in Spagna?" Si per il raduno del Pinguinos! E tutti che confermano. Allora tanto per essere della partita chiedo che ho un amico vicino ad Avila. una ragazza mi dice che è di Navaluenga, allora sicuro di non sbagliarmi (visto che questo paesino e' piccolo come Spello e tutti si conoscono), gli dico di portare i saluti a Juan Francisco Rueda Orgaz. La ragazza cade dalle nuvole... sono amici, anche percheè Juan e' un imprenditore ed e' in politica, quindi lo conosce di sicuro. Non racconto i commenti, Giorgio esclama a voce alta…. io non ho sentito nulla e non confermo nulla. Un momento goliardico, ma veramente il mondo e' tanto piccolo.
Entriamo nel parco, lo spettacolo e' esaltante…. contare le ontarie sarebbe un'impresa, ma sono tante e dobbiamo dire che fanno un "baccano" indescrivibile. Salutiamo gli spagnoli. Loro proseguono e noi ci godiamo l'albergo in riva all'Atlantico, una passeggiata sulla spiaggia con l'avvistamento di una balena, poi a cena ed alle 22 a "nanna" ….ed il generatore viene spento.
Oggi la destinazione è Tusmed. Andiamo verso il parco Ethosa, che dista 100 km, siamo ancora in fuoristrada, quando giungiamo al bed & breakfast la prima cosa che facciamo e' lavare le moto: il sale e' un nemico per la ciclitica. Domani andiamo al parco. ma in auto, non credo che ci farebbero entrare con le moto.
Da Tusmed Namibia e' tutto……." Ciao da Giampiero e Giorgio


 

"Ciao da Lusaka. L' Ethosa Park è uno dei meno cari del continente, con un estensione vastissima. Il primo incontro che abbiamo fatto è con gli gnu, e poi con le zebre che hanno strisce nere più sottili. Ci siamo spostati in ogni angolo del Parco, e dentro una pozza incontriamo un gruppo di elefanti: qualcuno si sta lavando (si fa per dire..) altri stanno a scrutare i curiosi come noi. Mentre stiamo per andare via, un ragazzo del posto ci indica una famiglia di leoni, che noi non avevamo visto perché da buoni furbi si erano nascosti sotto ad un albero in attesa di qualche preda. Non vi elenchiamo la quantità di animali visti, ma lungo la strada dobbiamo dare la precedenza ad una famiglia di elefanti…. un'esperienza bellissima! Rientrati a Tusmeb, lasciamo la città per il Botswana, saliamo verso nord, poi costeggiamo per 300 chilometri il confine con l'Angola. Sono le sei del pomeriggio quando entriamo un Botswana. Cerchiamo un alloggio lungo il fiume. Ad un Lodge ci dicono che sono pieni, ma in verità non vediamo tanta gente….. poi chiediamo se possiamo piantare la tenda, e mangiare qualcosa. Non abbiamo Food: abbiamo capito che non siamo graditi. Intanto si fa notte, e senza accorgerci superiamo l'indicazione per Sepopua dove c'e' un Lodge. Poi invece ce ne rendiamo conto e chiediamo ad un locale se ci da indicazione di tornare indietro. Questa notte si dorme in una tenda locale. Al bar ci sono due gruppi di spagnoli: il primo abbastanza composto, l'altro più tardi si scatenerà in un karaoke fino alla mezzanotte inoltrata e noi naturalmente ci associamo. Fa caldo. Scendiamo a sud, lungo la strada ci sono tanti animali allo stato libero, che a volte intralciano il traffico. Facciamo una gara con un gruppo di struzzi: uno di questo lo cronometriamo a 65 chilometri all'ora…. ammazza come corre!!! La sera siamo a Gewta, e l'indomani andiamo alla ricerca del Baobab più grande del continente. Arriviamo con facilità perché individuiamo subito la pista giusta, ma con difficoltà per quanto riguarda l'indicazioni perchè praticamente non ci sono. Poi sbagliamo pista e si fa dura con sabbia come il borotalco. Facciamo fatica a gestire le moto, torniamo al Lodge…. meglio un fresco Savana Drink. Sveglia di buon ora e su verso nord. L'habitat è cambiato: ora è il verde a predominare. Lungo la strada incontriamo i soliti elefanti….. che spettacolo!!!! Giungiamo in frontiera, dove all'ultimo distributore del Botswana e' una ressa indescrivibile per fare benzina. Capiamo il motivo più tardi: in Zambia praticamente la benzina costa più che in Italia, mentre in Botswana sta a 0,65 euro. Attraversiamo lo Zambesi su un barcone affollatissimo. La frontiera è una di quelle sgangherate. La confusione e' totale. Vado io per i documenti, pagando il visto 25 dollari. Gli do 40 dollari, e dico alla signora di tenere il resto, tanto ora arriva il mio amico. Vicino alle moto c'e' un signore sudafricano, si chiama Faan, che sta lì dal mattino aspettando per entrare. Mi dice che non pagherà tangenti. Giorgio mi chiama chiedendomi di aiutarlo con l'inglese. Ha un conflitto con la signora. Chiedo il motivo, e mi dice che deve pagare il visto. "Ok - le dico - Lei mi doveva 15 dollari e Giorgio con insistenza voleva dargli i 10 dollari di differenza. Ma lei dice che non va bene, allora gli dico di ridarmi tutti i dollari, e dirmi quanto è il costo di due visti. Naturalmente è 50 dollari: allora gli ridò i 40 che io gli avevo dato io ed i 10 che Giorgio gli ha messo in mano. "Ora e' tutto ok - mi dice. E noi abbiamo capito non gli hanno spiegato il come funziona il resto. Ora dobbiamo fare l'assicurazione che e obbligatoria. Angy, quella che la compila la pratica, in un container fatiscente e senza luce, e' più intenda a dirmi che ha una sorella che fa "Masssage"…… avete capito di che cosa si tratta!!!! Cosi perde tempo, ma alla fine ci scuce buoni dollari…non sappiamo del cambio. Seguiamo Faan, il signore sud africano, ed insieme giungiamo a Livingstone dove dormiamo nel medesimo albergo. Domani andiamo a visitare le cascate. Da Lusaka un salutone".


 

"Ciao a tutti da Nairobi
Siamo arrivati in Kenia questa sera… che caos entrare in città, specialmente di notte! Ci eravamo lasciati dalla cascate Vittoria a Livingstone in Zambia. Al parcheggio c'è un Honda Transalp targata Gran Bretagna e parcheggiamo le nostre moto nelle vicinanze. Entriamo a visitare le cascate: in questo periodo quando lo Zambesi ha poca portata (si fa per dire) lo spettacolo non rende l'imponenza che ha nei mesi che vanno da gennaio a giugno…. ma l'Africa di tutte le stagioni non esiste. Quando usciamo dei ragazzi ci dicono che abbiamo un messaggio sulla moto, e' scritto in italiano: sono Hjno e Alessandra che sono partiti da Londra…. non puoi pensare di fare una cosa che c'è chi è andato oltre!!!! Li raggiungiamo alla loro Guest House. Alessandra vive a Londra da un anno è un tipo solare e con Hjno hanno deciso di andare fino a casa sua, perchè lui e' sud africano. Ci scambiamo le nostre esperienze, ma sono le 16 e loro hanno in programma un giro sullo Zambesi in barcone, e noi non ce lo perdiamo…e così si va con loro. Siamo in tanti, sul barcone tutti turisti raccattati nelle varie Guest Hause, si parte con bibite e cibo a volontà, poi inizia lo spettacolo con ippopotami, coccodrilli (sembra un parco giochi) e intanto si fa sera con un tramonto bellissimo…. mi torna in mente il libro di Ernest Heminguey " Verdi Colline d'Africa" …..permettetemi un po' di romanticismo….
Torniamo in albergo, facciamo la doccia e ci vediamo di nuovo con loro. C'e anche una coppia di Trento che viaggiano in Jeep, praticamente chi sta fuori 5 o 6 mesi, mentre noi ad essere "I matti che lo facciamo in meno tempo".
Salutiamo la comitiva, perchè domani si va a Lusaka. Il trasferimento monotono con l'habitat cambia man mano che ci si avvicina alla capitale. Dormiamo all'Eureka Rest, tipiche abitazioni a 17 chilometri dalla capitale. Lunedì mattina ci svegliamo presto e con un taxi andiamo alla compagnia di assicurazioni…. ricordate la storiella del Massage?…. Si doveva farci l'esenzione della carta Gialla, l'equivalente della nostra Verde, che ci servirà fino in Sudan altrimenti siamo costretti a rifare la polizza da nuovo la prossima volta che cambiamo stato. Nel trasferimento pomeridiano, ci fermiamo lungo la strada in una modesta Guest Hause perchè devo cambiare l'olio alla Kappona (così mi si e' raccomandato Nicoli, Per chi non è dell'ambiente delle moto lui lavora in KTM Italia ed in pratica è chi sa vita morte e miracoli delle Kappa).
Il giorno dopo facciamo un lungo trasferimento verso il confine con la Tanzania. Il paesaggio non cambia e lungo la strada troviamo le solite abitazioni fatte con legno e fogliame, ed ai margini della strada tutti a vendere balle di carbonella per 10mila kwacha, che è l'equivalente di 2 euro. La sera siamo ad Isotha a 100 chiloemntri dal confine con la Tanzania, ritroviamo la Guest Hause perchè ci accompagna un ragazzo. Non c'e' asfalto nel paese, tutte buche e avvallamenti, e poca luce. Ceniamo con un coscio di pollo e delle patate…è quello che passa il convento. La giornata inizia bene, anzi direi alla grande. Dobbiamo pagare: sono in tre che riscuotono ed ognuno fa il suo prezzo, e noi quale abbiamo pagato? Quello più alto naturalmente, perchè ognuno aveva una scusa per dissociarsi. Facciamo un rifornimento di fortuna, benzina dalle latte, uso il filtro di feltro fatto in casa, con l'iniezione non posso permettermi di toppare Giorgio tira fuori i soldi per pagare. Sono in due, a noi sembrano soci, il chiacchierone riscuote, arriva l'altro che porta altri 5 litri e ci fa il conto, ma abbiamo pagato, a chi mi chiede? Lui - dice Giorgio - ma non sono in affari… non perdo tempo lo guardo negli occhi e gli dico "Fuori i soldi o ti metto le mani addosso e poi chiamo la polizia". Mi ridà i soldi e poi comincia a borbottare. Me li ha dati, io li ho presi e allora aggiungo: "nemmeno se fossi il più bello del paese", gli altri ci ridono su e lo scherniscono….. mi tocca fare anche il cattivo in Zambia.
Giungiamo in frontiera. E' una bolgia dantesca, con camion di traverso e tutti che si spacciano per agenti pronti ad aiutarci per le pratiche doganali. In un attimo facciamo le pratiche, si passa in quella della Tanzania, e loro che ci rincorrono…. come paghiamo 50 dollari a testa per il visto e questi che saltano da una frontiera all'altra senza problemi…. ma siamo in Africa e qui funziona così. Mangiamo un boccone. Lungo la strada c'e' una postazione internet per verificare se abbiamo risposte da Nairobi per le gomme… siamo quasi alla frutta, troppo carichi per pensare di andare oltre la capitale keniana, ma niente novità. Puntiamo verso Iringa, sorpasso un camion e la Kappona si ammutulisce, di slancio lo supero e parcheggio sul lato della strada, il motore di partire non ne vuol sapere. Giorgio torna indietro, provo ma niente. Da una casa (si fa per dire) scende un signore che si chiama Freddy (la fortuna di questi paesi che tutti parlano come seconda lingua l'inglese) e ci chiede se abbiamo necessità di qualcosa. Si -gli diciamo - di un Pick-up per tornare alla città di Mbeya. Mettersi sul bordo della strada a smontare la moto è come fare Karakiri, gli autobus e i camion sfrecciano a velocità inverosimili per queste strade. Mi dice: "vado in casa e torno" e quando si ripresenta e' vestito a festa…. È quasi irriconoscibile. Prendo la moto di Giorgio e insieme a Freddy raggiungiamo il paesino a 2 chilometri. Un suo amico e' disposto a caricarmi la moto e visto che ci siamo Freddy sceglie 5 ragazzotti per caricarla. Torniamo alla moto e arriva il Pick up. Carichiamo la moto ed io sul cassone seduto a meditare cosa può essere successo. Faccio mente locale e mi ricordo le parole di Vicoli: giorni prima ho smontato il serbatoio sinistro per il cambio olio e li c'e' il bocchettone della benzina che collega la pompa all'iniezione, sarà…..
Arriviamo all'hotel Stockolma, un nome scandinavo per un hotel della Tanzania…. chissà che similitudine c'e'…. scarichiamo la moto e paghiamo. Freddy mi lascia il numero del cellulare, qualsiasi cosa occorra lui e' disponibile… più di così!!! Mentre Giorgio porta in camera le valige, tiro via il serbatoio sinistro e, guarda caso, Nicoli aveva ragione. Si e' sgangiato il bocchettone, di sicuro non l'ho rimesso bene nei giorni scorsi l' innesto. Giro la chiave e premo lo start, la Kappona torna a ruggire… d'altra parte siamo in Africa! Giorgio esce dalla Hall con il ragazzo e grida: e vai!!! Che cosa credevi di venire in Africa con uno qualsiasi - gli rispondo - e lui mi manda a quel paese. Il giorno dopo giungiamo ad Iringa, abbiamo il tempo di fare due passi per il paese. C'e' un mercato coperto dove vendono di tutto, ma la cosa che più ci stupisce e' la varietà del pesce essiccato al sole con tante specie sui banchi. Giorgio e' tentato di assaggiare, ma poi rinuncia.
Si parte per dove? Per quella strada che tutti ci sconsigliano, che nessun motociclista ha fatto. Io e Giorgio siamo testimoni di chi sta scendendo da nord o salendo da sud hanno scelto l'alternativa di asfalto per Der El Salam.
Dopo 15 chilometri inizia l'inferno, quello ovviamente del fondo stradale e non di certo il contorno in cui siamo immersi. Villaggi a non finire, gente stupita che ci guarda come extraterresti… ma l'abbiamo detto… di qui motociclisti non si sono visti. Primi 50 km terribili, curve e controcurve, non siamo a Monza ma in Tanzania, il fondo si modifica di continuo, sabbia, pietra sassi, insomma di tutto. Quello che appago l'occhio è quello che ci circonda. Siamo immersi in una natura, che si, è selvaggia, ma fatta di colori e cose nuove per noi. Tra tante cose tantissimi baobab di tutte le forme e dimensioni, che sembrano vecchi cadenti senza vita ed invece sono espressivi, specialmente quando ne avvistiamo tre con una visione da togliere il fiato. Facciamo foto a non finire, poi chissà da dove spunta un Masai. Non e' proprio in uniforme di ordinanza, la camicia sa di progresso, facciamo la foto di rito. Certo con il compenso, qui non si scatta se non si paga.
Arriviamo ad un paesino, il nome (chissà perchè sono tutti uguali) e troviamo tutti sotto l'albero e allora ci fermiamo.
Fino a che abbiamo il casco in testa sono restii ad avvicinarsi, lo togli e allora si rompe il ghiaccio. Ci scambiamo delle battute con Giorgio e un tizio fa: "italiani, come va?" No, non possiamo crederci!!! Charley di professione aggiusta bici, che dopo l'asino sono il mezzo di trasporto più evoluto in questa land. Ha studiato in una missione a qualche chilometro da qui gestita da un prete di Catania…. anche questa e' Africa!
Ci sono anche Masai con i loro tipici vestiti e armi, ma la cosa che colpisce sono gli ornamenti ai lobi dell'orecchi, strani buchi e orecchini caratteristici. Salutiamo e avanti troviamo ancora polvere, dobbiamo essere a Dodoma prima che tramonti il sole. Manca poco ma dobbiamo fermarci e aprire il negozio, ovvero: Giorgio ha bucato e allestiamo l'officina per strada. Prima uno poi due alla fine ci ritroviamo una ventina di ragazzi. Sostituiamo la camera e uno di loro ci offre la pompa che porta sempre dietro. Grazie, ma siamo avanti con la tecnologia, compressore elettrico e giù tutti a dare giudizi. 
Giungiamo a Dodoma il contachilometri segna 280 km di quelli micidiali, di quelli che ti fanno stare male le braccia. Facciamo benzina e ripariamo la camera… 4 fori non male… punteggio pieno! Dodoma e' la capitale amministrativa della Tanzania, ma tutta la vita economica e finanziaria si trova a Dar El Salam. Una volta al mese tutti i parlamentari giungono a Dodoma per il rituale… chissà se li pagano a presenza, se fosse così sarebbe un modello da esportare, magari in Italia……
All'indomani si riparte consapevoli che anche oggi sarà durissima. Arusha e' la nostra meta. La pista e' la ripetizione di quella del giorno prima, a tratti ancora più dura. Dopo 170 km facciamo benza a Kodoa Irangi. In un attimo tutto il paese e' li'… abbiamo sconvolto il ritmo pacato di questa cittadina, ma non solo. Al ristorante dove mangiamo qualcosa, veniamo raggiunti da due ufficiali di polizia, Giorgio mi dice "cosa vogliono?" - Ci controllano i passaporti. I due tizi iniziano con il mio, lo sfogliano e lo risfogliano prendono nota, poi tocca a quello di Giorgio. Il più anziano mi chiama… che fortuna che ha Giorgio nel non parlare inglese, mi dice: " è il mio lavoro, ma ora devo fare delle domande. Inizia chiedendoci perchè siamo lì. "Viaggiamo per turismo, stiamo risalendo l'Africa". Che lavoro facciamo? Gli dico che faccio e che viaggiare e' un hobby. "Potete andare". Non vedo il problema, penso tra di me. Usciamo dal paese e c'e' un gruppo di galeotti. Si avete capito, ed erano guardati a vista da un militare che portano acqua, più avanti altri a spaccare legna. All'incrocio riprendiamo la pista. Saliamo di altitudine poi scendiamo e l'habitat cambia con piantagioni di banana e palme. "ualche chilometro prima la desolante savana, ed ora è il verde a predominare.
Percorriamo gli ultimi 40 Km di un "ondulè" micidiale, solo se vai oltre i 90 km/h tutto diventa più facile con il solo rischio che, se si cade, allora sono problemi…. prendere o lasciare non ci sono alternative. E' sera quando giungiamo a Arusha. Quello che nessuno ha mai fatto noi l'abbiamo fatto e carichi come asini, non abbiamo tanto abbigliamento personale se non quello per la moto ma siamo autosufficienti in tutto, specialmente per quello che necessita il mezzo. Dimenticavo sono 470 km ……All'indomani vorremmo vedere il Kilimangiaro, ma le nuvole ce lo impediscono. Puntiamo verso la frontiera con il Kenya, la superiamo velocemente poi quando mancano 100 km a Nairobi foro. Si allestisce l'officina, arrivano dei Masai che ci danno una mano, non chiedono soldi ma acqua… E' il minimo che possiamo offrire, si commenta da solo. 
Un salutone ai ragazzi del Moto club Fuorigiri 2001 che quotidianamente ci contattano per sapere in diretta come va.
Da Nairobi Giampiero e Giorgio".


 

"E' lunedì mattina. Solo le otto e siamo già in pista, ovvero nel caos di Nairobi. La destinazione è la sede della RAI International dove ci aspetta il responsabile Vincenzo Nucci. Prima ci offre un caffè in Moca poi si passa all'intervista in strada…. e allora si, che diventiamo importanti, con tanta gente intorno a Vincenzo che ci sta intervistando!!!!. Le persone sono curiose, vogliono sapere cosa pensiamo dell'Africa, perchè viaggiamo con le moto (che sono state poi riprese per le vie di Nairobi). Lasciamo la capitale e puntiamo verso Isolo con il paesaggio che varia di continuo, un sali e scendi a non finire. Alla nostra destra il monte Kenya, che dopo il Kilimangiaro è il più alto dell' Africa. Oggi ci sono nubi dense all'orizzonte che ci impediscono la visuale. Il cartello indica "Equatore"… peccato che ora è stato messo vicino ad una pubblicità orrenda!!! Un ragazzo ci fa un esperimento con l'acqua: a nord e poi a sud ed infine al centro l'acqua gira in tutti e due i sensi per essere in equilibrio sotto l'equatore. Arriviamo ad Isiolo di primo pomeriggio. La cittadina sa di ultima frontiera. Troviamo un modesto hotel ma pulito e ospitale, quello che ti fa stare a contatto con la gente. Si, proprio loro, ci raccontano del tratto di strada che dovremmo percorrere nei prossimi giorni.. ne abbiamo sentite di tutti i colori, ma oltre ai banditi ora ci dicono che incontreremo anche i leoni…. ci viene da ridere…cosa possiamo fare? Sembra una leggenda metropolitana...
All'indomani si parte. La strada è l'unica esistente. Fuori dal paese finisce l'asfalto e inizia la pista, durissima, sassi a non finire. Dopo un 70 km foro il posteriore, sostituiamo la camera e si riparte. Purtroppo il compressore elettrico ci abbandona con il motorino in fumo…. vorrei lasciarlo lì, ma Giorgio mi esorta a portarlo dietro…. decisione saggia….Fa caldo e ad un villaggio incontriamo una colonna armata: sono Irlandesi che hanno un campo qui e svolgono la funzione di controllo. Andiamo avanti con un paesaggio sempre più ostile, ma di banditi nemmeno l'ombra….. del resto non si capisce come sopravviverebbero!!!
Sulla pista siamo soli. Ogni tanto ci fermiamo per scattare qualche foto…. il luogo sa di Far West. Quando pensavamo di essere arrivati (siamo ad una 70 km da Marsabit) foro con il davanti. Ora diventa dura, perchè non abbiamo nulla per gonfiare la ruota. Sostituiamo la camera e aspettiamo che passi qualcuno. Qualcuno arriva ma nessuno ha una pompa per gonfiare la ruota. Sotto all'ombra di un albero concludiamo che dovremmo piazzare la tenda, poi Giorgio mi vede pensare e mi dice: "Cosa s'inventa Pagliochini?" La fantasia non manca, anzi avanza e così prendo il compressore lo apro e tolgo il motorino che sa di bruciato, libero la ruota dentate che aziona la biella del pistone, poi avendo il cavaletto centrale tiriamo giù la ruota anteriore, con il motore in moto e la prima innestata azioniamo il compressore con la ruota posteriore… non durerà a lungo da un ingranaggio piccolo che azionava la ruota dentate siamo passati a quella della moto molte volte più grande. Quando la biella si rompe la ruota è abbastanza gonfia da permettermi di raggiungere un villaggio a 20 km, dove troviamo un camionista e allora diventa un divertimento gonfiare la ruota. Si riparte con il sole che ha tramontato, sono 50 km a Marsabit, gli ultimi 30 in notturna…. si avete capito…. abbiamo viaggiato in off road di notte, ma non c'erano alternative.
Il Jey Jey hotel e' l'unico hotel un po' ricettivo. Stupisce che ci siano tutti i sanitari, ma non funzionano: l'acqua viene prelevata dal pozzo del cortile, il ragazzo della reception ci fa trovare due conche di acqua calda con dei bricchetti…… si questa e' una battuta che useremo spesso…… anche questa e' l'Africa.
Al mattino ripariamo le due camere d'aria, poi acquistiamo un pompa a pedale… il tizio ci stacca 50 euro, ma non c'e' alternativa. Si parte, ancora sassi… ma sono tanti….. praticamente siamo sprofondati in un canalone ed in questa situazione e' dura viaggiare. Dopo 20 km da Marsabit abbiamo messo alla prova la pompa per una foratura di Giorgio. Ora cambiamo tattica e si viaggia piano tra i 30 e 40 km/h. I sassi sono un'insidia da evitare. Ad un villaggio troviamo un camionista che ci ripara la camera…. meglio essere prudenti… non vuole nulla, allora gli offriamo da bere…. del resto siamo ambasciatori. Dopo 140 km ritroviamo la pista che ci piace… quella che ti fa viaggiare… Controlliamo le moto: certo i cerchi e le sospensioni sono gli organi più bistrattati, qui entra in gioco l'affidabilità del mezzo in tutto e per tutto, non si può che elogiare mamma KTM!!!
Ora ci divertiamo a sfrecciare sulle lunghe distese di piste in terra battuta di un colore rosso fiammante. Mi fermo per un sorso ad un villaggio, tutti sono lì. Giorgio mi chiede che ora è. Lo chiedo ad un ragazzo, guarda il sole e mi dice le 5… guardo l'orologio della moto, mancano 4 minuti…. a questo l'orologio atomico gli fa un baffo. Giorgio mi dice: "andiamo?" ."Credo proprio di no - gli rispondo. Perchè? - dice Giorgio. "Hai bucato di nuovo". E così allestiamo l'officina, pongo la telecamera sulla mia moto con il display aperto, ed allora inizia lo show. Quando capiscono che stiamo registrando, tutti si mettono in posa addirittura uno si pone davanti a rosicchiare delle piccolo piante…. tutti che ridono…. che festa!!!!. Giungiamo a Moyale quando è già buio. Albergo. Che parola!!! Poi al ristorante vorrei scrivere altro…. chiudere gli occhi è quasi d'obbligo.
Frontiera di buon mattino. E si che siamo proprio furbi!!! Non abbiamo messo in conto che ci sono gli altri addetti alla frontiera, prima quella kenyana dove non si trova chi deve mettere il timbro sul passaporto poi a quella Etiope. Dobbiamo inviare un ragazzo ad un bar dove l'addetto si sta gustando un cappuccino (tradizione lasciata dagli italiani).
Al distributore dove facciamo rifornimento noto una cosa che mi mancava, alla pompa del diesel stanno rifornendo un asino…. si, ha delle taniche in groppa e le stanno riempiendo…scatto delle foto e il padrone pretende dei soldi, se li avessi chiesti l'asino……
Puntiamo verso Yabello dove deviamo per Arba Minch, luogo posto sul un lago di colore rosso per l'alta concentrazione di ferro. Ma non ci arriviamo, e allora ci fermiamo a Konso. Lungo la strada una cosa ci ha messo apprensione… le tante persone con il Kalasnikov in spalla…. il tutto da l'idea di un oggetto da esibire. All'indomani saliamo verso Arba Minch, il fuoristrada è bellissimo. Guadi a non finire. La notte prima ha piovuto, di tanto in tanto costeggiamo la nuova strada asfaltata che entrerà in funzione prossimamente (se non siamo gli ultimi di certo i penultimi a fare questa pista). Quando giungiamo a 70 km da Addis Abeba, sostiamo. Entrare in città di notte non lo riteniamo logico. All'albergo si avvicina un ragazzo che parla italiano: è un motociclista anche lui, ha udito il rumore dei motori ed è uscito, facciamo amicizia e scopriamo che e' amico di un'altro ragazzo che ho contattato mesi prima ad Addis, che dovrebbe (uso il condizionale) farci trovare delle gomme.
All'indomani entriamo in città. Che caos, forse perchè e lunedì…. ma no!!! E' sempre così. A Nairobi abbiamo sostituito le gomme. Giorgio ha il posteriore nuovo acquistato alla concessionaria KTM, per la Kappona non ci sono ancora le gomme posteriori. In KTM Kenya c'era un 990 nuovissimo: ho provato a chiedere se mi davano la gomma ma la moto andava ritirata in giornata, così non mi è restate che installare un vecchio Continental usato e portami dietro la mia che avrà un 3000 km di residuo…. non avevo alternative. La nostalgia del presidente per "I ragazzi del Moto Club" e' sempre in primo piano…. un salutone dall'Abissinia".
Da Addis Giampiero e Giorgio 


 

"E' mercoledì mattina. Dopo aver ritirato il visto del Sudan, lasciamo la capitale Etiope. Siamo a 2600 metri, la strada sale di nuovo negli altopiani dove a predominare è il verde: qui piove spesso e l'habitat ricorda le nostre Alpi. Intorno c'è la stessa povertà di sempre, con le persone impegnate al pascolo degli animali che sono la vera insidia per noi perché in alcuni punti li troviamo in mezzo alla strada. I più restii a spostarsi gli asini che restano sempre il mezzo di trasporto più usato. Restiamo stupiti anche nel vedere i resti dei mezzi blindati che come souvenir sono parcheggiati ai margini della strada: sono della recente guerra con l'Eritrea… ma siamo lontani dal quel teatro di Guerra. Il giorno successivo quando sosteremo ad Ayele, un signore mi spiegherà che i mezzi risalgono al periodo di Menghisto, con 17 anni di dittatura combattuta con i ribelli che al nord avevano il loro quartier generale….. poi capisci perché questi popoli sono in povertà. 
Di fronte a noi si apre una vallata con canyon imponenti. L'asfalto termina e inizia il fuoristrada: si sta costruendo la nuova strada, e l'impresa è cinese…loro non mancano, ho un flash dell'anno passato, del modo come i cinesi organizzano il lavoro. L'hanno esportato pure qui, con le donne a spostare sassi e gli uomini a fare le altre opere.
Che sia iniziata una nuova colonizzazione è fuori luogo…. abbiamo incontrato ditte cinesi che operano dallo Zambia in poi, ma quello che mi ha stupito è che un ragazzo ad Addis mi abbia offerto un dvd di un film di attori cinesi. Anche culturalmente hanno allungato i loro tentacoli…. ma questo è il mondo della globalizzazione.
Quando avvistiamo il Nilo Blu, che nasce dal lago Tana in Ethiopia per poi confluire con il Nilo Bianco a Khartoum e formare un unico fiume, incontriamo un ragazzo tedesco in moto. Al momento non ricordo il nome, ci fermiamo e lui ci spiega che è qui per lavoro e sta girando l' Ethiopia con la moto mentre gli amici che l'accompagnano sono in jeep.
Arriviamo a Debra Marcos quando il sole tramonta. Ci fermiamo in albergo e poi ad una postazione internet per inviare il reportage. Passano due ore prima che finisca di inviare il tutto, la connessione è lentissima!!! All'indomani puntiamo verso la frontiera con il Sudan, dopo Gonder ritroviamo il fuoristrada 70 km e siamo a d Ayele, dove ci fermiamo a dormire.
Ci svegliamo di buon mattino: l'intenzione e'quella di fare più km possibili. Prima di arrivare in frontiera assistiamo ad una manifestazione (credo religiosa): oggi e'ultimo giorno di Ramadam, e per i mussulmani è festa. La gente sembra colpita da una forma di esaltazione che mette anche paura, in effetti vedo Giorgio dileguarsi e passare con energia tra la folla, io tiro fuori prima la fotocamera e il tizio con il Kalasnikov mi fa bella mostra. Poi prendo la telecamera e riprendo: se non fosse per l'esperienza e forse a volte per la spregiudicatezza, la logica vorrebbe che anche io sia passato come Giorgio che ritrovo più avanti. Qui assistiamo ad una scena che ha del raccapricciante: un pitone è stato ferito a morte ed è ancora vivo e la gente gode a stuzzicarlo….certo, da potente predatore a vittima destinata, il passo è breve!!!
Facciamo l'ultima sosta in terra ethiope per il rifornimento. La stazione è nuovissima ma non c'è energia e quindi si fa il pieno dalle latte con il prezzo a mercato nero.
Alla frontiera, terra di nessuno, incontriamo un gruppo di tedeschi…. sempre loro in qualsiasi parte del mondo… è una lode questa…. sono due jeep e un Unimog di quelli con cui puoi girare il mondo a 360 gradi. Terminate le pratiche con l' Ethiopia si passa in Sudan e allora la convinzione di essere strumento da spennare (in termini di dollari) diventa realtà. Sono 65 a testa che paghiamo per la registrazione di che cosa non si sa, ma uniti ai 61 del visto ci sembrano un eresia, per non parlare dei 150 euro a testa pagati in Italia per l' ottenimento del visto…. soffriamo tutto questo, paghiamo uno standard europeo per un servizio africano!!!
Fa caldo. Saliamo verso Gonder, poi becchiamo un violento temporale che francamente apprezziamo. Fa buio. Cerchiamo un albergo che sembra impossibile trovare e allora si va a Khartoum. Arriviamo lì che sono le nove e dopo 766 km il primo albergo che notiamo diventa la nostra residenza per 2 giorni. Ceniamo in un fast food: qui di americani non vogliono sentir nemmeno parlare, per loro tutto raddoppia in termini di visto e commissioni, ma niente si allontana dallo standard americano dei fast food: non c'è la odiata Coca Cola, ma la Pepsi si: certo quella viene prodotta in Arabia… chissà che favola hanno raccontato al popolo….
All'indomani, essendo venerdì, tutte le attività sono ferme. Troviamo un taxista molto intraprendente e andiamo ad acquistare dei souvenir, poi andiamo in albergo: sono 43 gradi e sinceramente il fresco del condizionatore è molto apprezzato. Ah, dimenticavo… al giorno spendiamo 75 dollari per uno standard normale, e allora ho presentimento che mi sono sbagliato nei confronti di George. Lui insieme al fratello gestisce l'Hotel Acropole, un luogo che mette a suo agio il turista: c'è di tutto, con George che sa vita morte e miracoli della burocrazia Sudanese. E' lui che si è interessato per ottenere il visto ad Addis Abeba, che abbiamo preso in meno di 3 giorni… a me sembravano tanti per quello che avevamo pagato, ma alcuni italiani che sono qui dicono che hanno atteso due mesi per averlo in Italia. Mi scuso con George, naturalmente la richiesta di visto è legata alla prenotazione dell'albergo, ed a nostro avviso Khartoum non vale più di una notte. Salutiamo George, al quale chiediamo se l'indomani la nostra ambasciata è aperta. Ci dice di si, ma sua Eccellenza l'ambasciatore Baglioni, perugino come noi, è rientrato in Italia per problemi personali, così salta l'incontro che avevamo programmato.
Proviamo ad andare in ambasciata il giorno seguente, ma l'addetto, un sudanese, ci dice che solo il carabiniere di turno verrà stamattina. Noi non possiamo permetterci di perdere un altro giorno ma abbiamo il problema dei dollari, siamo partiti con più di 700 da Addis e ora non sappiamo cosa ci aspetta perché in Ethiopia e Sudan le carte di credito sono praticamente merce sconosciuta, con l'unica eccezione di una banca dell'Eritrea che opera ad Addis. Abbiamo prelevato Birr ethiopi e poi cambiato in dollari un rompi capo.
Torniamo all' Ácropole e chiedo a George se può anticiparci 400 $ che all' indomani copriremo con un bonifico dall'Italia.Dietro un e-mail di richiesta, ci consegna il denaro… non abbiamo parole, se penso alla mia esternazione inviata per e-mail da Addis, il suo comportamento dovrebbe essere diverso. Chi vuole venire in Sudan è avvertito: minimo arrivare con 1500$.
Torniamo in albergo, carichiamo le moto e si sale su verso nord. Non andiamo per Dongola, dove la pista è più lunga ma è migliore: puntiamo verso Atbara, prima di arrivare in città, ad una 70 di km sostiamo al sito di Meroe, con 40 piramidi da fare invidia ai faraoni. La bassa Nubia conserva vari siti ed è meno conosciuta della parte egiziana, ma in Sudan ci sono città come Berenice che sono state luoghi in cui i faraoni hanno attinto per l'oro e il granito.
C'è un ragazzo con il cammello e allora facciamo foto a non finire, sempre dietro compenso: qui nulla si muove senza pound.
L'hotel Nile è gestito da un ragazzo sveglio: e' un luogo rilassante e ne cogliamo l'essenza.
Il giorno dopo si a parte tardi: solo 260 km ci separano da Abu Hammed, dove arriviamo in primo pomeriggio. L'ufficiale di controllo all'ingresso del paese ci accompagna alla stazione di polizia per la registrazione, chiediamo di un albergo, ma è merce rara e allora piazziamo le tende nel cortile della polizia.
Notiamo che c'è anche una prigione: un luogo da tre metri per tre, i carcerati saranno una decina, e con questo caldo vengono i brividi a pensare di stare rinchiusi lì… ma questa è una riflessione solo nostra.
Facciamo rifornimento e imbarchiamo ulteriore benzina, domani abbiamo 370 km di pista, con sola sabbia e come unico riferimento la ferrovia che collega la cittadina a Wadi Halfa, dove prenderemo il traghetto per l'Egitto.
Il poliziotto più volte ci chiede informazioni e vuole il nostro numero di telefono: all'indomani chiamerà i colleghi a Wadi Halfa per sapere del nostro arrivo. Si capisce che la pista non è molto frequentata da turisti, ed in effetti tutti quelli che abbiamo incontrato sia a scendere che a salire vanno per Dongola che I cinesi stanno asfaltando e di sabbia nemmeno l'ómbra.
Sveglia dakariana alle quattro, prepariamo tutto e attendiamo il sorgere del sole.
Si parte. Primo tratto senza problemi, poi la pista si fa dura, con sabbia e tante tracce di camion: alla fine della giornata ne abbiamo incontrati solo tre. Oltre all'insidia della pista c'è quella del caldo che è oltre i 40 gradi. Quando sostiamo, scegliamo le vecchie stazioni dismesse lungo la ferrovia, poi ancora sabbia e diventa perentorio non stare sotto i 100 km orari per non sprofondare. Giorgio mi dice che viaggia in terza, a pieno gas, con la kappona di quarta e quinta, lui ha un posteriore che l' aiuta, gli anteriori sono alla frutta, in più ho il posteriore installato a Nairobi che è oramai una slick, a Wadi Halfa noterò la tela, lo sostituirò con l'originale. Gli ultimi 70 km li percorriamo a cavallo della ferrovia… siamo stanchi e fino ad ora tutto è andato per il meglio non vale rischiare.
E' il primo pomeriggio quando arriviamo sulle sponde del Nilo. Troviamo un posto per dormire. Sarà la seconda notte sotto le stelle, la notte prima per il caldo non ho dormito in tenda…. anche questa e' l' Africa….
Se queste sono le disavventure del viaggio dobbiamo anche constatare l'atteggiamento delle persone, ricordate del ragazzo incontrato per strada prima di Addis Abeba, Anthene: non possiamo che ringraziarlo per la disponibilità e l' invito a cena e il regalo di un pneumatico anteriore anche se usato, ma una sicurezza per noi,… mi spiace scriverlo ma Flavio Bonaiuti che avevo elogiato nella brochure non e'stato di parole, non è servita una telefonata dall'Italia e delle e-mail e le sue rassicurazioni sulla disponibilità di pneumatici nuovi che avremmo voluto sostituire ad Addis Abeba. Ci siamo sentiti dire che quelli che aveva erano vecchi e si vedevano le tele e che comunque ci augurava un buon viaggio…. non do giudizi, mi soffermo solo sul raccontare come si sono svolti gli eventi.
Da Wadi Halfa Giampiero e Giorgio


 

"Scrivo da Cesme in Turchia, siamo arrivati nel tardo pomeriggio, dopo aver fatto frontiera due giorni fa con la Siria e la Turchia. Ma ora torno a raccontare da dove avevo inviato l'ultimo reportage.
Wadi Halfa, la cittadina Sudanese sulla sponda est del Nilo, si è sviluppata ultimamente, grazie alla posizione al di sopra del Nilo: praticamente è sullo stesso livello del porto ad Assuan prima della grande diga. Il risveglio è sotto un cielo che vede il sorgere del sole (come scritto abbiamo dormito all' aperto come il resto delle persone).
Cerchiamo la sede alla compagnia che gestisce il ferry, subito capiamo che tira aria di fregatura: tutto è scritto in arabo e diventa difficile capire quale sia il prezzo del biglietto. Noto un ragazzo che si muove bene nei meandri della burocrazia, il suo nome è Masha, gli do in mano i passaporti e gli chiedo di sbrigare il tutto, dogana compresa. Quando torniamo nel suo ufficio conosciamo Dennis, nato in Sierra Leone e laureato in Germania: viaggia in jeep con la famiglia, è un tipo simpaticissimo, anche lui diretto ad Assuan, "siamo sulla stessa barca" (intesa come burocrazia) e conto da pagare. Saranno 340 dollari per noi, piu' di mille per lui, ma quando chiedo a che cosa si riferisce il conto mi sento dire "che così è", altrimenti necesiterebbe piu' tempo, specialmente in dogana dove dobbiamo pagare e credo ungere perche' le moto passino senza controllo. Ora capisco perchè 16 anni prima sono arrivato fino ad Abu Simbel ed ora non si può più, ne da parte Sudanese tanto meno da quella egiziana…. un vero affare!.
Aspettiamo Dennis e la sua famiglia al nostro hotel, poi con Masha al porto: non viaggiamo con un ferry passeggeri, le moto partiranno all'indomani con una chiatta, non c'e' alternative.
Lasciamo il Sudan, si risale il Nilo. Peccato che quando giungiamo ad Abu Simbel sia notte e non possiamo ammirare il Tempio, peccato…. ho i ricordi, ma fa sempre piacere rivedere qualcosa di stupendo . Sul ponte della nave prendiamo posizione per passare la notte, siamo sul lato sinistro della nave insieme a Dennis…. sarà una disgrazia !!! Scherzo, ma non tanto. Ceniamo... certo la carretta su cui viaggiamo di igiene nemmeno l´ombra anche coloro che servono vestono abiti che da tanto tempo non vedono sapone. E´ la terza notte consecutiva sotto le stelle, almeno ho un albergo di alta qualità.... scherzo.....
E´ ancora buio quando veniamo svegliati, sono le quattro del mattino, dobbiamo toglierci di mezzo e non ci sono scuse. L´ unica colpa che abbiamo è quella di stare tra chi deve pregare e il punto cardinale est, che è la Mecca. Nemmeno i figli di Dennis vengono risparmiati, e allora mi domando cosa ci sia di spirituale tra la propria anima e il Dio che uno prega.... faccio fatica a capirlo, da tanti anni che viaggio e´ la prima volta che ho questa riflessione, ho rispettato tutto e tutti in qualsiasi paese ma questa volta non capisco: mi torna in mente l´episodio di quando in Italia scoppio' la polemica per il crocefisso che doveva essere rimosso, pur restando nella mia laicita´ dico che è giusto che sia rimasto dove era e per una volta tutti quei buonisti che non perdono occasione per farsi notare rimangano al loro posto.
Fa giorno e di colpo la carretta riprende vita. Giungiamo ad Assuan che sono le 9 del mattino, prassi burocratiche e via verso la città che dista 14 km. Con noi Dennis e famiglia e sostiamo nello stesso albergo al centro citta´.
All´ indomani ammaziamo il tempo riposandoci, tanto le moto arriveranno con una mezza giornata di ritardo : domani è venerdì e sarà un altro giorno perso per i mussulmani…. è la nostra domenica.
Sabato mattina andiamo al porto ci dicono che la nave non arriverà… quando vediamo oltre la recizione una coppia di tedeschi con la loro Land Rover, alziamo la voce e ci fanno entrare.
Ci rechiamo alla dogana dove dobbiamo sbrigare le pratiche doganali sono in due : uno comanda l´ altro obbedisce. éaghiamo circa 100 dollari a testa per che cosa non so e quando chiedo perchè costi tanto il tizio mi dice: " Cosa ci compri in Europa con questi soldi ? " , gli rispondo a tono : " Siamo in Egitto non in Italia " e lui : " Ho dei bambini che devono mangiare ", "anche i miei mangiano " fregato si, ma tonto no….. Non cambia nulla, ricordo questo paese dove richiedere mance è un istituzione ma dopo 16 anni mi sembra peggiorato. Quì abbiamo finito. si torna ad Assuan dobbiamo raccattare un tizio ingegnere della motorizzazione che insieme ad un altro dovranno controllare i veicoli. Dopo vari giri lo troviamo, per fortuna che in mattinata abbiamo avuto la fortuna di prendere un taxi guidato da un ragazzo sveglio Maikel (ribattezzato Schumi)… sara´ la nostra icona per due giorni, infatti tornati al porto e controllati i mezzi la giornata e´ finita si ricomincia domani.
Tra tante dissaventure c´e´ un lato positivo : Dennis ci fa morire dal ridere, con le sue battute ed espressioni. Andiamo a cena insieme poi due passi, vado ad un internet point ma devo uscire immediatamente : siamo in dieci e la ragazza e dice che deve chiudere, ma sono le otto della sera e mi dicono che fino alle 24 e´ aperto. No, si chiude. 
Domenica, veniamo svegliati dalle campane di una chiesa copta che è nelle vicinanze dell´ albergo. Si riparte. Maikel puntuale alle otto sotto l' albergo.
Stesso ufficio del giorno prima dobbiamo prendere le targhe,l' ufficio e una scaffalatura dal pian terreno al soffitto un ammasso di cartelle e di carta che non si puo descrivere.
Quando la fine sembra alla portata di mano dobbiamo andare dall' altra parte della citta' a fare l' assicurazione.... che strazio!.Maikel si da da fare e per fortuna che parla inglese. Fa di tutto, salta da un ufficio all' altro, fa le fotocopie alla fine della giornata quando ci riporterà al porto lo pagherò con soddisfazione. Prendiamo i veicoli, si va in albergo, cambio la gomma posteriore, si vede la tela, Giorgio controlla la sua moto dall' altra parte il tratto del Sudan e stato duro. 
Lunedi finalmente si parte dopo 4 giorni persi inutilmente. Prendiamo la strada che e sul lato ovest del Nilo dall' altra parte dovremmo stare in convoglio, si questa e' la barzelletta, che per l' incolumita degli stranieri si deve viaggiare scortati.
Si parte, ma non andiamo lontani... ci fermano noi e Dennis ad un check point, tornare indientro e la parola d' ordine. E allora prendiamo delle strade lungo il Nilo che passano per villaggi, forse è questo che non vogliono far vedere ai turisti: la poverta' in cui versa questo popolo. A mio parere ci sono due Egitti, questo e quello del turismo, fatto di crociere sul Nilo. Dopo 40 km riprendiamo la strada da cui ci avevano rimandato indietro, giungiamo a Luxor nel primo pomeriggio devo cambiare l' olio alla Kappona, sostituisco anche il filtro, Giorgio e' preoccupato per la corona e all' osso. Ceniamo e via al Tempio a fare 2 foto. Salutiamo Dennis e famiglia e ignari di tutto puntiamo verso il Cairo.
Al posto di blocco fuori citta' ci dicono che dobbiamo tornare indietro o aspettare il convoglio delle 14 o pagare una scrota: si avete capito hanno creato un sistema a circuito chiuso dove la parola d' ordine e spennare il turista specialmente quelli come noi che viaggiano con i loro mezzi.
Guardo Giorgio e gli dico: "seguimi". Torniamo verso la citta' poi prendiamo per campi sempre costeggiando la strada principale, la gente ci aiuta a scegliere il percorso, quando rientriamo c' e' un check point che superiamo anche se tutti strillano che dobbiamo fermarci… si loro, i poliziotti ma non andiamo lontano. 25 km dopo siamo di nuovo bloccati.
Tanti giovani con la pistola nella fondina, dobbiamo bloccarvi per la vostra incolumita' mi risponde quello che deve parlare ma da chi dobbiamo guardarci chiedo? Dalla gente qui' si rischia, e allora gli chiedo quanti anni ha, lui mi dice 25, sono venuto in Egitto quando eri bambino e ho girato in largo e lungo senza problemi e non credo di avere problemi, non gli dico che poco prima le persone che lui dice siano pericolose ci hanno aiutato a trovare la strada e non e bello che un poliziotto parli male del suo popolo.
Si consulta e mi dice che dobbiamo tornare a Luxor e allora mi scateno, inizio a dire di tutto naturalmente in inglese, che se non paghi non vai da nessuna parte, Giorgio mi guarda e sta zitto dopo mi dira' di essere rimasto per un momento convinto che ero andato fuori di testa, ci vuole altro, do un calcio ad un sasso e allora il poliziotto mi dice RELAX ma quale relax mi sembrate un branco di matti e seguito, 5 minuti aspetti 5 minuti.
Arriva una telefonata potete andare, quasi non ci credo.
Per 200 km viaggiamo alla grande, incontriamo uno di quei convogli, un trentina di pulman pieni di turisti sembra la corsa piu folle del mondo, macchine della poilizia avanti e al seguito, rifletto ma cosa penseranno quei turisti dentro anche Giorgio mi confermerà, la stessa riflessione.
Ad un ponte vorrei andare dall` altra parte del Nilo ma questa volta ci ostruiscono il passaggio dobbiamo seguire una macchina della poilizia sara' per un tratto e no dopo 20 km c´ e´ il cambio. Dura poco, parcheggio e l´ ufficiale mi fa che dobbiamo andare, no io di qui' non mi muovo piazzo la tenda, mi guarda esterefatto anche Giorgio va in scena siamo in 2 a matteggiare, seguono 10 minuti convulsi del militare che parla con la radio non so con chi, poi ci dice potete andare siete liberi ma non lasciate la strada.
Ai check point ci fermano e si consultano coi quelli della stazione precedente e quella che andremo ad incontrare. Ci saranno altre 2 pattuglie che ci chiederanno di seguirli ma noi come dei sordi li semineremo. Per la cronaca: una Toyota non siamo riusciti a superarla il ragazzo guidava da formula uno, quando ci saluta ci dice sono bravo? Certo e visto che guidi una Toyota sei lo Jarno Trulli dell' Egitto.
Giungiamo ad El Minya e' quasi notte con tutto quello che e succeso abbiamo percorso piu di 500 km, chiediamo a dei ragzzi in moto (sono in 3 sulla sella) di un hotel e tanto perche' sono pericolosi ci scortano, si aggiungono altre moto e a suon di clacson fino all albergo.
Al mattimo puntiamo verso nord poi memore del viaggio precedente giriamo per l oasi del El Feyum da li' alla piana di Giza e un attimo senza attraversare il Cairo 2 volte.
Cavolo c' e' l autostrada, che bello e no troppo facile, il poliziotto del traffico si pone in mezzo alla corsia, c´e´ il gradutato che non scende dall'auto, al momento non capisco poi mi dice che andavamo troppo veloci il radar non sbaglia. Chi noi ? come ci sorpassavano tutti e poi i seganli, ci sono ma la moto non e´ contemplata, lo so mi risponde e allora perche ci vuole ritirare la patente, naturalmente quella egiziana che ci hanno fatto ad Assuan, perche andavate veloci il limite e 70 km/h, mai deciso competere con un lepre, tanto meno con lui che se paghiamo non ci ritira nulla.
Ci rilascia un foglio che vale come temporale per la guida di 2 giorni.
Arriviamo a Giza e dimentichiamo quell' Egitto ostile entriamo nella piana e allora immortaliamo noi e le moto poi via verso Suez.
Attraversiamo il Cairo quando giungiamo al canale imbocchiamo il tunnel che passa sotto, lasciamo l' Africa definitivamente, certo se non fosse per l'Egitto tutto e stato bellissimo. E notte quando giungiano a Nuweba il porto che da sul golfo di Aqaba, domani si va in Giordania, alla bigliettria conosciamo Andres un ragazzo sudafricano partito 3 mesi fa in moto e va a Londra ci diamo appuntamento per l' indomani.
Al mattino andiamo in banco e preleviamo moneta egiziana che cambiamo in dollari, in Siria le carte di credito non contano nulla.
Durante il trasferimento dal Cairo abbiamo dovuto registrare la catena del 640 piu' volte, usciva certo in queste condizioni non andiamo lontano ma a mio parere fino in Turchia non abbiamo possibilita di risolvere.
Quattro ore di un uffico ad un altro, finalmente arriva la nave per Aqaba con noi Andres, si parte giugiamo in Giordania se non fosse per l´ addetto dell' uffico assicurazioni che si e assentato tutto filerebbe per il meglio ed invece usciamo dal porto con due ore di ritardo. Albergo e via a cena abbiamo saltato il pranzo.
Di buon mattino partiamo per Petra, la strada sale, dopo un centinaio di km svoltiamo e allora il panorama si fa piu suggestivo, arriviamo a Petra con la speranza di visitare la citta' ed essere la sera piu vicini alla Siria ma c´ e´ Mr Bush e signora, Petra e blindata militari in assetto di guerra ovunque, ci sono anche loro i marines americani walk talk all orecchio bombe una per spalla occhiali neri sembra un film, per farla breve attendiamo 2 ore prima di accedere al silk il canalone che conduce alla citta´.
Per me e la seconda volta e allora i ricordi mi assalgono e vanno a Primo un amico del Moto Clu Citta di Assisi, scomparso due anni fa, insieme abbiamo fatto dei viaggi bellissimi questo era uno di quelli.
Petra affascina forse perche' e' unica nel suo genere, sia Giorgio che Andreas lo confermano.
LasciamoPetra e via verso Amman dove ritroviamo una coppia di olandesi che Andres ha incontrato in Tanzania, scegliamo un albergo piu econimico si cena insieme e ci diamo appuntamento in Europa.
Andres mi dice che ha dormito poco non ha il visto per la Siria ma lo rassicuro l´ abbiamo noi e una volta che hai superato la Giordania diventa difficile rimandarlo indietro, cosi e´ anche se i passaporti vengo passati ai raggi x per verificare se c´ e´ il visto israeliano.
La sera siamo ad Aleppo, di buon mattino facciamo frontiera con la Turchia, purtroppo quello che era un seria preoccupazione diventa realta' la corona del 640 di Giorgio non ha piu nulla che assomigli ad un dente.
Arriviamo ad Adana, la citta' e granda e chi sa una botta di fortuna.
All´ albergo Andres dice di averne una usate, ma guarda il diametro di alloggiamento e lo stesso solo i fori di fissaggio sono diversi ma questo e il problema minore. E domenica e ci facciamo 2 passi domani e un altro giorno.
Andres parte al sorgere del sole va verso Instanbul, quando passere in Italia verra' a trovarci, in mancanza di denaro in attesa di una ricarica dal Sud Africa gli prestiamo 100 dollari piu quelli che abbiamo anticipato in frontiera siriana per il visto, una mano tira l altra, noi si vedra´.
Facciamo un giro in un paio di concessionarie ma di uguale alla nostra corona nulla, e tornando in albergo notiamo un negozio che vende lucchetti, serrature e chiavi, chi meglio di lui puo avere una lima.
Affare fatto ci mette a disposizione il negozio, stringo le 2 corone sulla morsa e con la lima tonda asolo la corona che ci ha dato Andres, funziona torniamo in albergo e l' installiamo Giorgio fa un paio di giri dell' isolato, lo vedo convinto e allora non piu' a Cesme per il traghetto dalla Turchia, si va in Grecia, 14 paesi questo ci manca.
La sera siamo ad un centinaio di Km da Canakkale domani si entra in Grecia, si va verso Igoumenitsa, se avremmo tempo passeremo a salutare i miei amici greci di Parga, lo spero ci tengo.
La mattina e' di quelle invernali sui monti c'e' la neve ma la cosa non preoccupa.
Purtroppo siamo costretti a cambiare programma, sui Sali e scendi dell'altopiani turchi l'ammortizzatore del 640 smette di funzionare, sinceramente con il carico al seguito abbiamo piu' volte pensato che avrebbe ceduto prima, magari in Sudan e allora deviamo per Cesme l'ultima nave parte il primo novembre con un giorno di anticipo giusto il tempo per fare i biglietti. Questo e' tutto da Cesme un arrivederci in Itali
Giampiero e Giorgio
Il kontakilometri segna 18448 km ero partito da Cape Hope con 1990 siamo a circa quota 16458 km e manca da arrivare in Italia quindi i 17000 km sono quasi realta' e se in Egitto non avessimo avuto tutti quei problemi di sicuro avremmo fatto il giro delle oasi, altri 5-600 km in piu´, c'e' poi da tenere in conto i 160 km da Ancona a casa e quelli verso Milano siamo oltre i 17000 km.

Forse e l´ora di tirare le somme io non dico nulla della moto, si commenta da solo il viaggio, le uniche cose che ho sostituito sono stati i filtri dell´olio (ogni 4000 km) e l' olio nemmeno le candele ho sostituito e dal Kenya fino all'Egitto la Kappona si e digerita benzina con il piombo, per i consumi 15 km con un litro e stata la media ma sugli altopiani ethiopi e della Turchia sono andato oltre i 17 km litro non so giustificarlo, con la carburazione che smagriva aumentava il rendimento o forse l´ insieme elettronica ed iniezione si comporta differentemente con la temperatura fredda. Qundi non vado oltre perche' a volte ne ho sentite e viste scritte di tutti i colori a proposito di questa moto, mi si puo' tacciare che devo parlarne bene, ma l' ipocresia non mi appartiene, Giorgio ne e testimone se c´´ e´´ una cosa che vorrei che fosse diversa e' la capacita' dei serbatoi basterebbero 5 litri in piu' per stare sicuri, solo nel tratto del Sudan ho imbarcato un 10 litri con una latta ma non c' era alternativa.
Le piccole perdite di olio delle forcelle l´ho risolti pulendo gli o-ring e ristringendo le molle degli stessi. Una lode ai cerchi con tutti quei schiaffi che hanno preso non so come hanno resistito, non aggiungo nulla se non la soddisfazione di aver portato a termine un progetto che forse meriterebbe piu' tempo ma non si puo' chiedere la luna, abbiamo incontrato gente che e' via da mesi adirittura da anni, che ha fatto il periplo dell' Africa.
Passo ai ringraziamenti si lo faccio questa volta, perche' ci sono state delle situazioni che mi hanno stupito per l´ atteggiamento incomprensibile di alcune persone ma si sa ognuno ha le sue opinioni e qundi ringrazio tutti quelli che hanno sostenuto in questa iniziativa.
Parto da Mamma KTM Austria e KTM Italia nella figura di Angelo Crippa per la disponibilita' accordatami, spero di aver ricambiato la sua fiducia e quella delle persone che collaborano con lui. L´ Acerbis per averci messo a disposizione del materiale tecnicamente valido e Motorex per gli olii sia motore che che per i filtri di spugna del 640.
Ringrazio tutti coloro che via e-mail e sui forum hanno seguito questa avventura un abbraccio metaforico ma con tanta stima anche per le parole scitte.
Per ultimo Giorgio fedele compagno di viaggio che in sella al 640 mi ha stupito certo l´Africa non e l´Europa ma a volte certe situazione hanno pesato anche a me che di esperienze di un fare in un mondo diverso ne avevo, il fatto di aver gestito per mesi questo viaggio e poi realizzato credo che l´ha arricchito motociclisticamente e come persone, una battuta su tutte che ho sentito ripetergli "CHE SPETTACOLO", a suggellare lo stupore per qualcosa di diverso, naturalmente parlando di Lui un Ringraziamento al sindaco Sandro Vitali del Comune di Spello, dove Giorgio vive, per il Patrocinio, ai ragazzi del Moto Club Fuorigiri 2001 di cui Giorgio e´ presidente e i suoi amici della concessionaria BOUR OUT ed ESSENZE che anche economicamente hanno contribuito a relaizzare questo viaggio ma devo anche ringraziarlo per una evento che ho tenuto nascosto fino ad ora, solo per il fatto che in Italia ho una famiglia che non volevo fosse in apprensione.
In Botswana sono caduto rovinosamente in fuoristrada nell´unico giorno in cui eravamo liberi dai bagagli. Sono romasto sotto la moto, la ruota avanti sulla sabbia mi ha scartato non so forse un sasso o un tronco, di fatto quando ho provato a rialzarmi il ginocchio destro mi andava per i fatti suoi, di sicuro il legamento e non solo hanno subito il trauma.
Per 10-12 giorni ho viaggiato con un ginocchio gonfio come un pallone da calcio, poi tutto e passato anche se a volte non lo sento al top, in Italia verificherò, in questa situazione Giorgio si e´ preoccupato di mettermi in sella con i bagagli che tirava giù e rimetteva su ogni mattina. L ´ho voluto raccontare per onor di cronaca… anche io, come i normali, cado".

 

GALLERIA FOTOGRAFICA

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  • Biografia
    Biografia

    GP e quelle Due Ruote nel DNA

    La moto è nel DNA di famiglia. Mio nonno andava in moto, mio padre negli anni 50 faceva le gincane e, ad essere sincero, le vinceva. Io non potevo che ereditare questa passione.

  • Il Mondo Su Due Ruote
    Il Mondo Su Due Ruote

    Una vita in moto. E in due libri.

    Dopo 30 anni di viaggi in moto ho battuto le strade ed i sentieri di gran parte del mondo, ma ogni volta che approdo in una nuova terra lontana, il mondo, con le sue meraviglie, mi lascia ancora a bocca aperta...

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